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Chirurgia robotica e anestesia

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Cos’è la chirurgia robotica?

La chirurgia robotica rappresenta una tecnica mininvasiva. È associata a diversi vantaggi:

  • ridotto tempo di ricovero ospedaliero;
  • miglior e più rapido recupero funzionale;
  • ridotte perdite ematiche intraoperatorie e fabbisogno di emotrasfusioni;
  • ridotto dolore post-operatorio.

Tutto il personale impegnato in questa procedura deve ricevere un training adeguato in ambito robotico. Deve essere preparato ad affrontare le criticità di questo tipo di chirurgia e ad agire per minimizzare i rischi ad essa legati.

Tecnica chirurgica

Dal punto di vista tecnico chirurgico, rispetto alla laparoscopia tradizionale, il robot restituisce all’operatore la visione tridimensionale del campo operatorio.

Si ampliano le possibilità di movimento degli strumenti chirurgici fino a sette gradi di libertà.

Inoltre, la strumentazione è capace di stabilizzare il movimento eliminando così il tremore fisiologico. Consente al primo operatore di lavorare lontano dal campo operatorio, in un ambiente comodo ed ergonomico in cui le possibilità di concentrazione risultano aumentate.

Il robot da Vinci

Il robot da Vinci è sicuramente uno dei più diffusi al mondo. È costituito da tre elementi principali:

  • una console chirurgica dalla quale l’operatore gode di una visione immersiva tridimensionale del campo operatorio e da cui dirige, grazie a comandi manuali e pedali, le azioni delle braccia robotiche;
  • un carrello paziente costituito da tre o più braccia robotiche;
  • un carrello visione che contiene l’unità di rielaborazione centrale e un sistema video full HD.

La chirurgia robotica laparoscopica in quanto tale, si avvale dell’insufflazione di anidride carbonica nella cavità addominale per la creazione dello spazio di lavoro chirurgico.

Dopo l’induzione dello pneumoperitoneo e il posizionamento dei trocar chirurgici, avviene il cosiddetto docking del robot al paziente durante il quale le braccia robotiche vengono connesse alle porte chirurgiche.

È di fondamentale importanza considerare come, una volta avvenuto il docking, non sarà più possibile mobilizzare il letto operatorio e il paziente stesso se non dopo un eventuale undocking.

Infatti, sia la regolazione della strumentazione che l’ancoraggio delle braccia robotiche ai trocar rendono anche piccoli spostamenti del letto operatorio e del paziente stesso altamente pericolosi per il rischio di lesioni.

Nella maggior parte dei casi, l’intervento viene eseguito da due chirurghi. Il primo operatore siede alla console da cui controlla le braccia robotiche eseguendo, di fatto, l’atto chirurgico.

Un assistente chirurgo esperto si posiziona invece al tavolo operatorio e si occupa di posizionare i trocar, di eseguire il docking, di cambiare gli strumenti e di muovere eventuali strumenti endoscopici aggiuntivi.

Il posizionamento del paziente durante la chirurgia robotica

Il posizionamento del paziente durante la procedura robotica varia in base al tipo di intervento eseguito e ha l’obiettivo di ottimizzare l’esposizione chirurgica.

In particolare, in chirurgia pelvica (ad es. prostatectomia e isterectomia robot-assistite) il paziente viene posizionato in Trendelenburg cosiddetto “spinto” con un’inclinazione del tavolo operatorio fino a 18-25° (in alcuni casi si raggiungono anche i 45°).

Nella chirurgia dell’addome, al contrario, il paziente viene posizionato in anti-Trendelenburg. Infine, per alcuni tipi di chirurgia (es. chirurgia toracica o chirurgia renale) in decubito laterale.

Il posizionamento del paziente durante #ChirurgiaRobotica varia in base al tipo di intervento e ha l’obiettivo di ottimizzare l’esposizione chirurgica | #ECM Condividi il Tweet

Alterazioni fisiopatologiche indotte dalla laparoscopia in chirurgia robotica

In chirurgia laparoscopica, la camera di lavoro chirurgica è ottenuta pressurizzando la cavità addominale grazie all’insufflazione di anidride carbonica e la creazione del cosiddetto pneumoperitoneo.

L’incremento di pressione intraddominale (IAP) che ne consegue determinerà delle modifiche fisiologiche complesse a livello respiratorio e cardiovascolare.

L’entità di queste modifiche varierà sia in base alle condizioni di partenza del paziente che in base ad altri fattori come, ad esempio, il livello di IAP, il grado di ipercapnia e, da ultimo, la posizione.

L’impatto emodinamico e respiratorio è generalmente minimo nel paziente sano, ma potrebbe essere clinicamente rilevante nel paziente che presenta una ridotta riserva cardiopolmonare.

Valutazione preoperatoria

L’indicazione chirurgica all’esecuzione dell’intervento con tecnica robot assistita è posta dal chirurgo in base alla sua esperienza, alle linee guida esistenti per l’intervento proposto, e al rapporto rischio/beneficio in base alle condizioni del paziente.

Per quanto riguarda i criteri di esclusione, non esistono delle controindicazioni specifiche per la chirurgia robotica, ma valgono le stesse considerazioni in vigore per la chirurgia laparoscopica.

Pertanto, le linee guida ESA/ESC del 2014 per la valutazione preoperatoria rimangono il riferimento anche per i pazienti candidati alla chirurgia robotica.

Si deve rivolgere particolare attenzione ai pazienti con cardiopatia rilevante, gravi pneumopatie e obesità. Tali categorie di pazienti presentano un elevato rischio di complicanze perioperatorie dovute alla durata prolungata degli interventi e alla posizione di Trendelenburg.

È importante quindi, durante la valutazione anestesiologica preoperatoria, informare il paziente riguardo a tutti gli aspetti particolari della chirurgia robotica e identificare la presenza di eventuali condizioni di rischio.

Gestione anestesiologica

L’anestesia generale con intubazione orotracheale e ventilazione meccanica è sicuramente l’anestesia di scelta per la chirurgia robotica.

Diversi studi hanno cercato di individuare la superiorità tra anestesia generale bilanciata e anestesia totalmente endovenosa (TIVA) in chirurgia robotica.

Quest’ultima potrebbe presentare dei benefici in termini di riduzione del rischio di ipertensione oculare, tuttavia, al momento le evidenze sono di scarsa qualità.

Per quanto riguarda il livello di curarizzazione necessaria, vista l’importanza di mantenere l’immobilità completa del paziente per il rischio di lesioni da “sposizionamento” delle braccia robotiche, può essere considerato il mantenimento di un blocco neuromuscolare profondo. Questo corrisponde ad un valore di TOF (train of four) pari a zero associato a una conta post tetanica (PTC) di 1-2.

Una miorisoluzione profonda consente di ottenere uno spazio di lavoro laparoscopico con delle pressioni più basse, ad esempio 10 mmHg.

Molti studi hanno evidenziato come la riduzione della pressione di pneumoperitoneo possa incidere positivamente su alcune delle problematiche cardiorespiratorie legate allo pneumoperitoneo stesso, e inoltre possa anche migliorare l’outcome postoperatorio, ad esempio in termini di riduzione del dolore.

Questo argomento è attualmente al centro del dibattito, in quanto altri studi non hanno evidenziato alcuna superiorità del blocco neuromuscolare profondo rispetto al moderato.

Ambiti di applicazione

L’ambito in cui l’approccio robotico ha trovato la sua massima applicazione è la chirurgia urologica e in particolare quella prostatica tanto che, a oggi, negli Stati Uniti circa l’85% delle prostatectomie radicali sono eseguite con questa metodica.

Oggi, la chirurgia robotica trova numerose altre applicazioni che spaziano dalla chirurgia ginecologica, alla chirurgia generale, alla chirurgia toracica fino alla chirurgia del distretto testa-collo.

L’ambito in cui la #ChirurgiaRobotica ha trovato la sua massima applicazione è la #ChirurgiaUrologica. A oggi, negli Stati Uniti circa l’85% delle prostatectomie radicali sono eseguite con questa metodica | #ECM Condividi il Tweet

 

Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo ATI14 del Prof. Davide Chiumello: “Anestesia in chirurgia domotica“.


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