Ipotensione perioperatoria: prevenzione e trattamento ECM Anestesista Rianimatore

Ipotensione perioperatoria: prevenzione e trattamento

Monitoraggio emodinamico

L’ipotensione perioperatoria sembra essere fortemente associata a una maggiore incidenza di morte, di danno miocardico e di danno renale acuto.

La mortalità postoperatoria è un problema di salute pubblica con percentuali che vanno dall’1% al 4%. Una riduzione delle complicanze post-operatorie riduce la mortalità.

Alcuni fattori di rischio non sono modificabili, tra cui quelli correlati al paziente o alla chirurgia, altri, come l’ipotensione perioperatoria, sono fattori di rischio modificabili.

Il monitoraggio emodinamico perioperatorio ha il compito di individuare le alterazioni fisiologiche e conseguire degli obiettivi terapeutici potenzialmente capaci di migliorare gli esiti.

Monitoraggi accurati e complessi che misurano la Gittata Cardiaca (GC), lo stato della volemia e della perfusione tissutale aiutano il clinico a comprendere le cause dell’ipotensione perioperatoria e a trattarla tramite fluidi e farmaci vasoattivi.

Questa terapia specifica è la Goal Directed Therapy (GDT).

Tuttavia, un’indagine italiana ha rivelato che i protocolli GDT sono applicati solo dal 29,1% degli anestesisti.

Definizione di Ipotensione

Numerosi studi supportano la necessità di regolazione della pressione arteriosa perioperatoria, ma non ci sono soglie di pressione sanguigna universalmente accettate per definire l’ipotensione.

Principalmente l’ipotensione è definita da cambiamenti nella pressione arteriosa sistolica (PAS), nella pressione arteriosa media (PAM) o una combinazione delle due. Molti studi riportano una PAM < 60 mmHg e/o una PAS < 90 mmHg come soglia numerica assoluta per definire l’ipotensione.

Altri studi hanno utilizzato invece una soglia relativa per rappresentare l’ipotensione, la maggior parte dei quali ha mostrato una diminuzione percentuale (dal 10 al 60%) rispetto al basale della PAM o della PAS.

Una PAM < 65 mmHg è spesso utilizzata per definire un’ipotensione intraoperatoria e come valore soglia per intervenire, in quanto valori di PAM < 60-70 mmHg sono associati a una maggiore incidenza di danno miocardico, AKI e morte in adulti sottoposti a chirurgia non cardiaca.

Altre definizioni più sofisticate considerano il tempo di esposizione, come i minuti cumulativi della PAM < 65mmHg, o la durata e la gravità dell’esposizione.

Stratificazione del rischio perioperatorio

Le ultime linee guida SIAARTI sulla gestione emodinamica perioperatoria nei pazienti in chirurgia non cardiaca raccomandano l’adozione di un punteggio/sistema di stratificazione del rischio.

In particolare si consiglia l’utilizzo dell’indice di LEE, che permette di prevedere eventi cardiovascolari postoperatori avversi importanti, e del sistema di punteggio derivato dal database dell’American College of Surgeons National Surgical Quality Improvement Program (ACS NSQIP).

Questo, a seguito dell’inserimento online del tipo di intervento chirurgico e di 21 elementi relativi alle condizioni del paziente, effettua un calcolo sulla probabilità di mortalità e morbilità.

Gli score che abbiamo riportato possono aiutarci a individuare i pazienti più fragili e a decidere il loro percorso perioperatorio.

Quali sono le cause dell’ipotensione perioperatoria?

L’ipotensione intraoperatoria è presente sia nei pazienti in anestesia generale che in quelli in anestesia neuroassiale.

Le cause dell’ipotensione perioperatoria sono illustrate nella figura sottostante. Circa un terzo degli episodi ipotensivi perioperatori si verifica nel periodo successivo all’induzione dell’anestesia generale, ma prima dell’incisione chirurgica e può essere descritto come ipotensione postinduzione o pre-incisione.

Mentre l’ipotensione post-induzione è causata esclusivamente dalla gestione dell’anestesia, l’ipotensione che si verifica durante l’intervento chirurgico può essere causata da numerosi fattori correlati all’anestesia generale e alla chirurgia.

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L’ipotensione può, tra gli altri fattori, essere causata da:

  • vasodilatazione (farmaci anestetici, infiammazione sistemica)
  • ipovolemia intravascolare (sanguinamento)
  • bassa gittata cardiaca (bradicardia o bassa gittata sistolica)
  • elevata pressione intratoracica (ventilazione meccanica)
  • compromissione del sistema nervoso simpatico
  • regolazione baroriflessa compromessa

Il tipo di intervento chirurgico, insieme a vari eventi correlati alla chirurgia (ad esempio, cambiamenti di posizione, clampaggio delle arterie, sanguinamento), contribuisce a definire l’ottimale pressione sanguigna per un singolo paziente in un dato momento.

Nei pazienti affetti da ipertensione arteriosa essenziale, la riduzione del flusso ematico degli organi si manifesta a livelli di PAM più elevati rispetto ai soggetti sani, in quanto la soglia critica di autoregolazione è più alta.

Questi pazienti potrebbero essere esposti maggiormente a danni renali, ictus ed infarto miocardico, avendo come valore soglia una PAM < 65 mmHg.

In questi pazienti, la mortalità postoperatoria e l’incidenza di complicanze sono più elevate per valori di PAM tra 45 e 75 mmHg, per tempi di esposizione più brevi rispetto a pazienti non affetti da tale patologia.

Come trattare l’ipotensione

Poiché l’ipotensione perioperatoria ha molteplici cause, il trattamento dovrebbe concentrarsi sui meccanismi causali sottostanti nella misura in cui possono essere identificati.

Questo potrebbe includere:

  • la riduzione della dose di anestetici vasodilatatori
  • il trattamento della vasodilatazione con vasopressori
  • l’aumento del flusso sanguigno con inotropi
  • l’aumento della frequenza cardiaca con atropina
  • il trattamento dell’ipovolemia intravascolare con cristalloidi, colloidi, o emoderivati.

La somministrazione di fluidi dev’essere guidata da un attento monitoraggio. Sia la gestione liberale che restrittiva non hanno mostrato un miglioramento degli outcome dei pazienti.

Un’eccessiva somministrazione di fluidi è associata a edema tissutale, alterazioni della coagulazione, acidosi e edema polmonare. Un’eccessiva restrizione invece può portare a ipovolemia e ipoperfusione con debito di O2.

Le raccomandazioni della SIAARTI, infatti, suggeriscono di ottenere un bilanciamento dei fluidi vicino allo zero in pazienti considerati normovolemici all’inizio dell’intervento chirurgico. Un bilanciamento fluidico leggermente positivo potrebbe essere ammesso nelle prime 24 ore post-intervento, allo scopo di proteggere la funzione renale.

Utilizzo dei vasopressori

I vasopressori sono comunemente utilizzati per trattare l’ipotensione durante la chirurgia. La fenilefrina è più comunemente utilizzata negli Sati Uniti, mentre la noradrenalina negli altri paesi.

La prima è un alfa-agonista puro, che aumenta la pressione arteriosa con un aumento delle resistenze vascolari, a discapito di una diminuzione della GC.

La seconda è sia un potente agonista alfa-adrenergico che un debole agonista beta-adrenergico, che dovrebbe preservare in minima parte la GC.

La pressione arteriosa è mantenuta da entrambi, ma la fenilefrina riduce il flusso splancnico e la DO2. La noradrenalina non ha evidenze di migliorare l’outcome dei pazienti chirurgici, nonostante il teorico risparmio del circolo splancnico e della DO2.

L’utilizzo dei vasopressori e degli inotropi nel periodo perioperatorio per controllare le fluttuazioni della PA, secondo una recente review, sembrerebbe ridurre le complicanze postoperatorie e la degenza in ospedale negli adulti sottoposti a chirurgia addominale maggiore.

La SIAARTI suggerisce l’impiego di farmaci inotropi, vasocostrittori, vasodilatatori solo quando i soli fluidi non sono sufficienti per ottimizzare l’emodinamica e aumentare GS/GC/DO2.

Prevenzione dell’ipotensione

I professionisti dell’anestesia valutano regolarmente i cambiamenti della pressione sanguigna e cercano di prevedere quando i pazienti diventeranno ipotensivi.

L’ipotensione intraoperatoria non può essere predetta dalle caratteristiche del paziente o dalla procedura chirurgica, che possono essere considerati eventuali fattori di rischio.

La misurazione in continuo della pressione arteriosa può aiutarci a osservare gli eventuali episodi ipotensivi.

Vista la forte associazione tra l’ipotensione intraoperatoria e la maggiore incidenza di morte, danno miocardico e AKI, le nuove tecnologie scientifiche si sono impegnate affinché l’anestesista/rianimatore fosse in grado di predire gli episodi ipotensivi.

Un nuovo recente sviluppo è un algoritmo di intelligenza artificiale (IA), ottenuto tramite apprendimento automatico, che predice, da una complessa analisi della forma d’onda arteriosa, ottenuta tramite catetere intrarterioso o monitoraggio non invasivo, un imminente episodio ipotensivo.

L’apprendimento automatico riguarda l’applicazione pratica di tecniche statistiche. Prevenire l’ipotensione, trattarla, o entrambe è l’applicazione di questa tecnologia.

Naturalmente, l’algoritmo non è in grado di prevedere l’ipotensione conseguente a interventi clinici. L’algoritmo di IA predice un outcome su dati statistici presenti in letteratura che mostrano molte incertezze, basti pensare alle innumerevoli definizioni di ipotensione perioperatoria.

Al contempo, sappiamo che valori pressori bassi sono associati a danno d’organo e morte, per cui predire un evento lesivo e prevenirlo ha le sue potenzialità nella pratica clinica. Ulteriori studi sono necessari a sostegno di tale monitoraggio e della sua applicabilità nella pratica clinica, con un miglioramento tangibile della prognosi dei pazienti.


Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo ATI14 del Prof. Luigi Tritapepe: “L’ipotensione: meccanismi e prevenzione

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