Edema polmonare cardiogeno: percorso diagnostico in Terapia Intensiva

Edema polmonare cardiogeno: percorso diagnostico in Terapia Intensiva

Cos’è l’edema polmonare cardiogeno?

L’edema polmonare cardiogeno (EPAc) determina una severa alterazione degli scambi gassosi ed è gravato da una mortalità intraospedaliera del 5-20%, con un tasso di sopravvivenza a un anno del 50% e una mortalità a 6 anni dell’85%.

L’aumento delle pressioni di riempimento del cuore sinistro si verifica non solo in presenza di cardiopatie, ma anche in caso di sovraccarico di liquidi, crisi ipertensive e insufficienza renale acuta.

L’EPAc è caratterizzato da elevate pressioni di riempimento del cuore sinistro. Queste determinano un incremento delle pressioni a livello dei capillari polmonari e un accumulo di liquido intra-alveolare.

Eziologia dell’edema polmonare cardiogeno

Dr Racca-Cause comuni-edema-polmonare cardiogeno-ati14-ecm-medical-evidence-anestesisti-rianimatori

Dr-Racca_Fattori precitpitanti-edema polmonare cardiogeno-ATI14-ecm-Medical-Evidence-anestesisti-rianimatori

Anche se la causa più frequente di EPAc è la disfunzione cardiaca sinistra, altre condizioni, come il sovraccarico volemico, le crisi ipertensive severe e l’insufficienza renale possono causare EPAc, aumentando le pressioni di riempimento cardiaco.

Nei pazienti con grave insufficienza renale dipendenti dall’emodialisi, il mancato rispetto delle restrizioni dietetiche o la ridotta compliance al regime dialitico, può determinare un importante sovraccarico volemico.

Nella crisi ipertensiva, l’improvviso aumento delle resistenze vascolari sistemiche, porta a un aumento del post-carico con conseguente incremento delle pressioni nel ventricolo e nell’atrio sinistro.

Le cardiopatie che possono causare EPAc possono essere suddivise in quattro gruppi:

  • cardiopatie che causano insufficienza cardiaca sistolica
  • cardiopatie che causano insufficienza cardiaca diastolica
  • malattia valvolare del cuore sinistro
  • aritmie che possono causare insufficienza cardiaca

Il processo diagnostico nell’edema polmonare cardiogeno

La presentazione clinica dello scompenso cardiaco acuto può essere classificata in base all’adeguatezza della perfusione periferica (“paziente caldo”, “paziente freddo”) e alla presenza di congestione (“paziente asciutto”, “paziente umido”).

Il paziente umido corrisponde al quadro di EPAc, il paziente freddo a quello di shock cardiogeno. Tale categorizzazione predice la prognosi e indirizza la gestione clinica.

Una minoranza di pazienti con scompenso cardiaco acuto (meno del 20%) presenta il profilo clinico di “paziente freddo e umido”, caratterizzato da EPAc associato a shock cardiogeno. Questi pazienti hanno la prognosi peggiore.

La diagnosi di EPAc si basa principalmente sull’evidenza di segni e sintomi clinici supportati dai referti delle indagini diagnostiche. Non esiste un singolo esame in grado di definire con certezza la diagnosi di EPAc.

Nel percorso diagnostico occorre procedere per step, partendo dagli esami più semplici sino a quelli più complessi, nella ricerca sia della diagnosi che dell’eziologia associate.

Anamnesi ed esame obiettivo

Nei pazienti con scompenso cardiaco cronico si assiste di solito a un graduale peggioramento dei sintomi nei giorni e nelle settimane precedenti la comparsa dell’EPAc. In una minoranza di pazienti, invece, l’EPAc può rappresentare la prima manifestazione di scompenso cardiaco.

In entrambi i casi la dispnea e la sudorazione profusa sono il quadro clinico di presentazione più comune. La tosse è un altro sintomo frequente e, nei pazienti più gravi, può associarsi a un espettorato rosa e schiumoso.

Possono coesistere anche sintomi neurologici quali confusione, ansia, disorientamento, che possono essere sia segni di una grave ipossiemia, sia, nei casi più gravi, di grave ipercapnia.

Tachipnea, cianosi, tachicardia e distensione venosa giugulare, sono segni clinici frequentemente rilevabili nei soggetti con EPAc.

In genere troviamo il paziente seduto nel letto, ansioso, con sudorazione profusa e cianosi delle labbra. Nei casi più gravi utilizza i muscoli accessori della respirazione.

L’auscultazione polmonare in genere permette di rilevare fini rantoli crepitanti, ma possono essere presenti anche ronchi o sibili.

Di solito i rantoli sono rilevabili inizialmente alle basi polmonari e progrediscono verso gli apici man mano che la condizione peggiora.

L’assenza di rantoli non esclude l’EPAc. Le basi polmonari possono anche presentare un quadro di silenzio auscultatorio o di ridotta ventilazione solitamente causata dalla presenza di un versamento pleurico, più frequente a destra.

Quando l’EPAc è causato da anomalie valvolari, l’auscultazione cardiaca può rilevare soffi cardiaci, le cui caratteristiche possono essere di aiuto nel formulare il sospetto di uno specifico disturbo valvolare acuto come causa dell’EPAc.

Ipertensione e ipotensione

In corso di EPAc, come conseguenza dell’attivazione adrenergica, si rileva frequentemente un quadro di ipertensione arteriosa.

Tuttavia, quando si riscontra una pressione arteriosa molto elevata, è più probabile che essa rappresenti il fattore scatenante piuttosto che una conseguenza dell’EPAc.

Il prevalere di un quadro ipotensivo, al contrario, rappresenta un indicatore di grave disfunzione sistolica del ventricolo sinistro.

Deve essere presa in considerazione l’ipotesi di uno shock cardiogeno, soprattutto se contemporaneamente sono presenti segni di bassa perfusione quali oliguria/anuria, estremità fredde, pallore e marezzatura della cute e stato confusionale.

Esami strumentali per la diagnosi di edema polmonare

Gli esami iniziali devono comprendere l’elettrocardiogramma (ECG) a 12 derivazioni, la radiografia del torace o l’ecografia polmonare, l’emogasanalisi (EGA) e gli enzimi cardiaci.

Successivamente, l’effettuazione di un ecocardiogramma al letto del paziente è fondamentale per determinare l’eziologia della EPAc, mentre il dosaggio del peptide natriuretico cerebrale (BNP) può essere utile in caso di incertezza diagnostica.

L’ECG a 12 derivazioni viene eseguito per escludere alterazioni ischemiche e anomalie del ritmo come causa dell’EPAc.

Inoltre, l’ECG può anche evidenziare la presenza di altre condizioni predisponenti l’EPAc come l’ipertrofia ventricolare sinistra.

L’emogasanalisi è più accurata della pulsossimetria per valutare gli scambi gassosi ed è raccomandata in tutti i pazienti con bassi valori di pulsossimetria.

Sebbene l’EPAc sia solitamente associato a ipocapnia, nei pazienti con quadro clinico severo o con una sottostante broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), si può riscontrare ipercapnia con acidosi respiratoria. L’aumento del livello di acido lattico può indicare una bassa gittata cardiaca e una scarsa perfusione periferica.

La radiografia del torace è una delle indagini più importanti per la diagnosi di edema polmonare. Può aiutare nella diagnosi differenziali tra EPAc ed edema polmonare acuto non cardiogeno. Tuttavia, i segni caratteristici di EPAc descritti nella radiografia del torace sono caratterizzati solo da una moderata specificità (75-83%) e una scarsa sensibilità (50-68%) diagnostica.

Ecografia e ecocardiografia

Anche l’ecografia polmonare può supportare il sospetto di EPAc tramite l’identificazione le delle linee B, note anche come “code di cometa”. Esse sono la rappresentazione ecografica dell’edema alveolo-interstiziale.

L’indagine ecografica fornisce informazioni anche sulla presenza di versamenti pleurici e sulla collassabilità della vena cava inferiore, che è un buon indicatore di sovraccarico di liquidi.

L’ecocardiografia è un esame importante nella diagnostica dell’EPAc perché consente di valutare la funzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro. L’alterazione della funzione sistolica e/o sistolica può supportare la diagnosi di EPAc.

Esami di laboratorio per la diagnosi di edema polmonare

Misurazione del BNP

Il BNP è un ormone cardiaco secreto dai ventricoli in presenza di elevate pressione intracardiache.

Si tratta di un meccanismo compensatorio al quadro di insufficienza cardiaca in grado di indurre un aumento dell’escrezione renale di sodio e acqua e di ridurre le resistenze vascolari sistemiche.

Diversi studi osservazionali e sperimentazioni cliniche hanno dimostrato l’importante valore diagnostico della misurazione del BNP nel differenziare lo scompenso cardiaco dalle cause polmonari di dispnea.

La maggior parte dei pazienti affetti da insufficienza cardiaca presenta valori plasmatici di BNP superiori a 400 pg/mL.

Enzimi cardiaci

Il dosaggio degli enzimi cardiaci, in particolare della troponina sierica, è utile per escludere un danno miocardico acuto.

È importante notare che la troponina è spesso moderatamente elevata nella EPAc, anche in assenza di patologia coronarica come risultato dell’apoptosi dei miociti, dell’attivazione dei mediatori infiammatori e dell’aumento della richiesta di ossigeno da parte del miocardio.

Pertanto, l’elevazione della troponina in questi pazienti non indica necessariamente la presenza di una sindrome coronarica acuta.

Altri esami di laboratorio

Gli altri esami di laboratorio da richiedere in caso di EPAc sono: emocromo completo, elettroliti sierici, azoto ureico nel sangue e dosaggio della creatinina.

L’esame emocromocitometrico completo può aiutare a identificare la presenza di un’infezione o di un’anemia che potrebbero aver precipitato l’evento.

La valutazione degli elettroliti sierici è utile perché i pazienti affetti da insufficienza cardiaca cronica fanno spesso uso di diuretici che possono causare ipopotassiemia e ipomagnesiemia. Inoltre, i pazienti con insufficienza renale cronica sono ad alto rischio di sviluppare iperkaliemia, se non rispettano gli intervalli previsti per le sedute di emodialisi.

Anche l’iponatremia è un reperto comune tra i pazienti con grave scompenso cardiaco cronico e la sua entità correla con la gravità dello scompenso.

Il dosaggio dell’azoto ureico e della creatinina consente una valutazione iniziale del grado di insufficienza renale. Considerato che un declino della funzione renale è di comune riscontro nei pazienti con scompenso cardiaco avanzato (sindrome cardiorenale), come conseguenza della bassa portata e dell’aumento delle pressioni venose centrali.

L’importanza di una diagnosi tempestiva

L’edema polmonare, data l’elevata mortalità, rappresenta un’urgenza medica.

Richiede una diagnosi tempestiva e accurata per limitare il peggioramento del quadro clinico e prevenire le complicanze.

Scoprire la causa scatenante è fondamentale per determinare la terapia farmacologica più adatta.

La prognosi è sempre riservata e dipende dalla rapidità con cui si interviene, dalla gravità dalla patologia che lo ha causato e dalla eventuale presenza di altre malattie che lo possono aggravare.

 

Sei Medico Anestesista? Iscriviti subito al Percorso Formativo ATI14 per avere 48 crediti ECM

Articolo tratto dalla lezione del Percorso Formativo ATI14 del Dr. Fabrizio Racca: “L’edema polmonare cardiogenico: inquadramento e supporto


CONTATTACI SUBITO e richiedi la versione integrale della lezione del Percorso Formativo ATI14 del Dr. Fabrizio Racca : “L’edema polmonare cardiogenico: inquadramento e supporto


Consenso Trattamento Dati - NON verranno ceduti a terzi(obbligatorio)